La truffa degli assegni su Whatsapp.

    La truffa degli assegni su Whatsapp.

    A vista pagate per questo assegno bancario. La classica dicitura riportata su tutti i carnet di assegni andrebbe forse modificata in a vista, su watsapp, pagate… No, non è la battuta di uno sketch comico o la scena di un film di Totò e Peppino in chiave moderna. Negli ultimi anni molti consumatori sono stati truffati grazie alla foto di un assegno inviata via watsapp.

    Sembra incredibile, ma quanto è accaduto dimostra che con il divenire delle moderne tecnologie anche i truffatori si evolvono e mettono a punto nuovi sistemi, dai quali è sempre più difficile imparare a difendersi.

    Il Movimento Difesa del Cittadino nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme del nuovo raggiro,  che è emerso soprattutto nel settore delle auto usate, ma è applicabile potenzialmente anche ad altri settori di vendita.

    In pratica, un falso venditore attira il futuro compratore con l’esca di un’offerta online molto conveniente e irripetibile. Le trattative avvengono telefonicamente e, giunti ad un potenziale accordo, il “venditore” dice alla sua preda che, avendo diverse proposte per quell’auto (o altro), ha bisogno di ricevere via watsapp la foto di un assegno bancario compilato, a dimostrazione dell’effettiva volontà di effettuare l’acquisto.

    In fondo, che c’è di male? Inoltre, come si sa, per definizione l’assegno bancario è un mezzo di pagamento con cui il traente (colui che lo emette) ordina alla banca (trattario) di pagare al beneficiario (colui che riceve e incassa). la somma riportata nel titolo stesso. Quindi, che pericolo può esserci?

    A questo punto, la trappola è scattata. Il truffatore, come si è poi scoperto, stampa l’assegno in alta definizione e, con la presunta complicità  (le banche coinvolte parlano di negligenza…) di un cassiere, riscuote l’assegno e sparisce.

    E’ del tutto evidente  il ruolo chiave svolto dagli impiegati di banca e conseguentemente la responsabilità degli Istituti Bancari che, nonostante questo, cercano di sostenere che la responsabilità è da condividere al 50% tra la banca emittente e la vittima stessa, colpevole di ingenuità.

    Fino ad oggi, in effetti, questa linea di pensiero dell’ABI è stata condivisa dalla Cassazione, che ha condannato le banche a risarcire alle vittime solo il 50% della cifra oggetto della truffa.

    Qualcosa, però, sembra  stia cambiando.

    Pretendere che il comune cittadino abbia la stessa diligenza e competenza che si presuppone abbia un impiegato di banca , secondo l’avvocato Barbara Gualtieri, presidente di MdC di Firenze, è insostenibile.

    Inoltre, “sul presupposto che l’acquirente truffato non ha mai perso la disponibilità materiale del titolo” l’Unione Nazionale Consumatori dichiara di aver ottenuto un’importante vittoria davanti all’Abf, che ha condannato la Banca al rimborso integrale dell’assegno abusivamente incassato.

    La tecnologia ha sicuramente migliorato molti aspetti della nostra vita quotidiana, non ci resta che porre la massima attenzione per non cadere nei tranelli che i malintenzionati inventano, di pari passo con i nuovi strumenti a disposizione.

     


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