Siamo pronti, finalmente si parte! La meta è una delle più affascinanti per l’immaginario di un Viaggiatore: venticinque secoli di storia, un’architettura unica e raffinata, il deserto dell’Asia centrale.
Sulle tracce di Marco Polo, ripercorreremo un tratto importante della lunga via degli antichi mercanti di spezie e tessuti preziosi attraverso l’Uzbekistan: la favolosa Via della Seta.
Questo nome evoca, come pochi altri, la magia e i fasti degli antichi bazaar; colori, suoni, profumi, fortezze, madrase e minareti. Tutto questo ci attende e le aspettative sono alte. Un solo dubbio: resteremo delusi?
Si parte col Volo HY 258 per Tashkent, via Urgench, quest’ultima prima tappa del nostro viaggio. Il tour prevede tutte mete da Mille e una Notte: Khiva, Bukhara, Shakhrisabz, Samarcanda, Tashkent. Un itinerario che in pratica attraversa longitudinalmente quasi l’intero Uzbekistan, che ha una superficie di 447.400 km quadrati, quasi 150 mila in più dell’Italia, anche se in gran parte di steppa, con una densità scarsa di abitanti. Questi sono concentrati per lo più nelle città principali, soprattutto a Tashkent, la capitale, che con i suoi oltre due milioni e mezzo, ma un agglomerato complessivo che raggiunge tra i cinque e i sette milioni di abitanti, è anche il più grande centro della valle del Fergana dove vive un terzo della popolazione dell’Uzbekistan, che complessivamente raggiunge quasi i 34 milioni di abitanti.
Il volo è di quasi sette ore. Atteriamo a Urgench poco dopo l’alba, un po’ stanchi, ma felici e incuriositi da ciò che ci aspetta. Un pullman ci porterà dall’aeroporto a Khiva, la prima tappa. E già lungo la strada cominciano le sorprese. No, l’Uzbekistan non sembra essere il Paese un po’ arretrato che, tronfi della nostra supponenza occidentale, ci aspettavamo. Percorriamo strade larghe e ben asfaltate attorniate da giardini molto curati che fiancheggiano costruzioni moderne, naturalmente in stile tipicamente orientale. La prima meraviglia (e anche un po’ di vergogna, mista a rabbia…), in particolare per noi che veniamo da Roma, città occidentale le cui strade sono note per le buche e i giardini per l’immondizia.
Poi, una volta entrati a Khiva, ne avremo ben altre. Con i suoi 40 mila abitanti, Khiva è la più piccola delle città interessate dal viaggio, ma anche la più suggestiva, quasi interamente raccolta all’interno delle sue mura di argilla e paglia, una bomboniera con i suoi tanti tesori d’arte, appartenente alla regione della Korazmia, in passato terra dei zoroastriani prima che nell’Ottavo secolo fosse invasa dagli arabi che avrebbero introdotto la religione musulmana.
Una breve sosta nel delizioso e caratteristico Hotel Shakrizade -giusto il tempo di portare le valigie in camera, darsi una veloce rinfrescata e gustare un’abbondante e varia colazione, ricca di prelibatezze dolci e salate “fatte in casa”, tè, succhi di frutta e caffè- e siamo pronti per andare alla scoperta di Khiva, la più isolata delle città carovaniere sulla Via della Seta.
Si va a piedi, ovviamente, percorrendo le antiche strade di terra battuta del centro storico molto ben conservato, un nucleo che si narra abbia origini bibliche, secondo cui il suo fondatore sarebbe Sem, il figlio di Noè.
Il sole è caldo, ma una gradevole brezza rende piacevole il cammino.
Con la sua struttura urbanistica originale, le imponenti mura perimetrali di fango, su cui si aprono quattro porte, un susseguirsi di moschee, madrase (scuole coraniche) e palazzi, è di fatto un museo a cielo aperto, oggi patrimonio dell’Unesco.
Impossibile dimenticare la fortezza Kunya Ark, la Moschea Juma (con le sue 213 colonne di legno una diversa dall’altra), il Mausoleo di Pakhlava Mahmoud e l’imponente minareto di Kalta Minar, ma ciò che ci cattura ancora di più sono i sorrisi degli abitanti di Khiva. Una popolazione cordiale ed accogliente, che gioisce a farsi fotografare, magari abbracciandoci e ridendo, come tra amici.
Il retaggio degli antichi commerci è qui tangibile, le strade sono letteralmente invase di bancarelle improvvisate, dove trionfano gli oggetti più vari: marionette, statuine coloratissime di sorridenti pasha, bellissime e coloratissime ceramiche , tappeti e stoffe variopinte, scarpe di lana, colbacchi e cappelli di astrakhan. Soprattutto le donne ci mostrano orgogliose i loro lavori artigianali, davvero belli, spesso preziosi. Sperano di convincerci a comprare qualcosa e spesso ci lasciamo tentare.
Suggestiva e indimenticabile la passeggiata notturna: il buio avvolge la cittadina murata, poche luci qua e là su pochi monumenti e sopra le nostre teste un cielo tra i più brillanti di stelle.
Lasciare questo gioiello, questo castello di sabbia fuori dal tempo, ci provoca un moto di nostalgia che porteremo nel cuore.
Fine Prima Parte
di Diego Zandel e Alessandra Baldassari