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Il governo del Regno Unito ha presentato un disegno di legge innovativo al Parlamento, volto a chiarire lo status giuridico delle criptovalute e delle risorse digitali, come i token non fungibili (NFT) e le attività tokenizzate del mondo reale (RWA). Questo intervento legislativo ha l'obiettivo di riconoscere le criptovalute come proprietà personale secondo la legge britannica, fornendo una base giuridica più solida per risolvere controversie e proteggere i possessori da frodi e truffe.
Una nuova categoria di proprietà per asset digitali.
La proposta introduce una nuova categoria di proprietà che si aggiunge alle tradizionali "cose in possesso" (come denaro o auto) e "cose in azione" (come debiti o azioni). Questa nuova classificazione garantirà una maggiore protezione legale per gli asset digitali, facilitando la gestione dei diritti di proprietà in casi legali come divorzi o controversie commerciali.
Secondo il ministro della Giustizia, Heidi Alexander, questa nuova categoria aiuterà a fornire chiarezza e sicurezza per chi possiede criptovalute o altri asset digitali. La proposta arriva in risposta a un crescente bisogno di regole più specifiche in un mercato che, sebbene giovane, ha già attratto miliardi di dollari in investimenti e presenta notevoli rischi di frode.
La raccomandazione della Law Commission.
La Law Commission, un organismo consultivo britannico, ha contribuito alla formulazione della bozza di legge, sostenendo la necessità di riconoscere le criptovalute come proprietà personale. In un rapporto pubblicato all'inizio del 2023, la Commissione ha osservato che molte risorse digitali non rientrano nelle categorie esistenti di proprietà ma devono comunque poter essere oggetto di diritti di proprietà personali. Questo cambiamento è fondamentale per adattare il quadro giuridico alle nuove tecnologie e alle sfide del mercato digitale.
Difficoltà nel settore delle criptovalute: il ruolo della FCA.
Parallelamente, la Financial Conduct Authority (FCA), l'autorità di regolamentazione finanziaria del Regno Unito, ha registrato un tasso di approvazione estremamente basso per le società di criptovalute che cercano di ottenere la licenza antiriciclaggio. Solo il 13% delle domande presentate nell'ultimo anno è stato approvato, con molte società che hanno abbandonato il mercato britannico a causa di normative troppo rigide o processi di approvazione considerati poco trasparenti. Questo ha spinto aziende come Bybit e PayPal a ridurre o eliminare alcuni servizi nel Regno Unito. Delle 35 domande ricevute nel periodo tra aprile 2022 e marzo 2023, solo quattro società hanno ottenuto la licenza, tra cui BNXA (partner di pagamenti di Binance) e una divisione di PayPal. Le altre aziende sono state costrette a ritirarsi o a cercare mercati più accoglienti all'estero, dove le normative sono meno severe.
Nuove regole per la pubblicità e il marketing delle criptovalute
La FCA ha recentemente introdotto nuove regole che regolamentano la promozione di prodotti e servizi legati alle criptovalute. Queste misure includono l'obbligo di inserire avvisi chiari sui rischi, di eliminare incentivi promozionali come i bonus "invita un amico" e di offrire un periodo di riflessione di 24 ore per i nuovi investitori. Inoltre, le aziende devono assicurarsi che i loro clienti abbiano le conoscenze necessarie per investire nel settore, pena sanzioni che possono arrivare fino a due anni di carcere.
Impatto sulle aziende di criptovalute
Le nuove normative e il difficile processo di approvazione hanno già avuto un impatto significativo sul mercato britannico delle criptovalute. Diverse aziende hanno iniziato a ridurre i loro servizi, con alcune, come Luno, che hanno limitato l'accesso a certi prodotti crittografici per i loro clienti. Queste azioni evidenziano il delicato equilibrio tra la protezione dei consumatori e l'attrattiva del Regno Unito come centro per le attività legate alle criptovalute.
Conclusioni
Il disegno di legge del Regno Unito rappresenta un passo cruciale per fornire un quadro legale chiaro e solido per le criptovalute e altri asset digitali. Tuttavia, le sfide regolamentari e il rigido regime di approvazione della FCA stanno già provocando un'esodo di aziende del settore. Resta da vedere se il Regno Unito riuscirà a trovare un equilibrio tra protezione dei consumatori e attrattività del mercato delle criptovalute, garantendo al contempo trasparenza e sicurezza.
Le perdite americane per truffe legate alle criptovalute nel 2023 superano i 5,6 miliardi di dollari: una crisi crescente.
Nel 2023, gli Stati Uniti hanno visto un'impennata senza precedenti nelle perdite legate alle truffe sulle criptovalute, con un totale che ha superato i 5,6 miliardi di dollari. Secondo il rapporto annuale dell'Internet Crime Complaint Center (IC3) dell'FBI, questo ammontare rappresenta quasi la metà delle perdite complessive per frode finanziaria nel Paese, anche se solo il 10% delle denunce di frode riguardava le criptovalute. Questo dato allarmante mette in evidenza come le valute digitali come Bitcoin, Ether e Tether siano sempre più vulnerabili ai crimini informatici.
Le frodi sugli investimenti: il principale veicolo di perdite.
Le truffe sugli investimenti costituiscono il fattore più significativo dietro le perdite legate alle criptovalute, rappresentando il 71% delle perdite complessive. I truffatori attirano le vittime con promesse di profitti esorbitanti, spesso in schemi che richiedono ingenti depositi in società inesistenti o fasulle. Queste truffe non risparmiano nessuno, colpendo tanto gli investitori esperti quanto i neofiti del settore, grazie a tecniche sempre più raffinate. L'anonimato delle transazioni crittografiche e la mancanza di tracciabilità sono tra i motivi che rendono le criptovalute attraenti per i truffatori.
Nuove tipologie di frodi: i call center.
Un altro fenomeno preoccupante è la crescita delle truffe legate ai call center, che rappresentano circa il 10% delle perdite associate alle criptovalute. In questi casi, i criminali utilizzano tecniche di phishing o impersonificazione di funzionari governativi, inducendo le vittime a rivelare informazioni sensibili o a trasferire criptovalute. Questo tipo di truffe si basa sulla fiducia che le vittime ripongono in presunti servizi di assistenza tecnica o enti governativi, creando uno scenario perfetto per i truffatori.
Perché le criptovalute sono un obiettivo privilegiato.
La struttura decentralizzata e l'anonimato delle criptovalute rendono difficile tracciare le transazioni, offrendo un rifugio sicuro per i criminali. Una volta che i fondi vengono trasferiti, è praticamente impossibile recuperarli, specialmente se i fondi vengono convertiti rapidamente in denaro tradizionale attraverso conti offshore. Questa irreversibilità delle transazioni e l’assenza di regolamentazione centralizzata sono tra i principali ostacoli che le forze dell’ordine incontrano nel contrastare le truffe legate alle criptovalute.
Gli sforzi dell'FBI e l'espansione delle truffe.
Per contrastare questo fenomeno, l'FBI, tramite il suo centro IC3, sta rafforzando la collaborazione con le autorità locali e con il Dipartimento di Giustizia per identificare e perseguire i responsabili. L’IC3 svolge un ruolo cruciale nell'analisi delle denunce, permettendo di individuare le tendenze emergenti e migliorare le strategie preventive. Nonostante questi sforzi, l'espansione del mercato delle criptovalute continua a offrire nuove opportunità ai criminali, evidenziando la necessità di una cooperazione globale tra autorità di regolamentazione, forze dell'ordine e investitori.
Conclusioni
Le perdite record legate alle criptovalute registrate nel 2023 sottolineano l'urgenza di adottare misure più efficaci per proteggere gli investitori da truffe sempre più sofisticate. La combinazione di anonimato, decentralizzazione e velocità delle transazioni rende le criptovalute un terreno fertile per i truffatori. Solo una maggiore consapevolezza, un rafforzamento delle misure di sicurezza e una collaborazione più stretta tra autorità e piattaforme digitali potranno contribuire a ridurre l'impatto devastante di queste truffe.
La vicenda Hub Management, che vede coinvolte centinaia di investitori in tutta Italia, ha aspetti e contorni che hanno dell’incredibile: un’operazione truffaldina per milioni di euro, che ha portato sul lastrico numerosissime persone, ma che, allo stesso tempo, è praticamente passata quasi inosservata alla ribalta nazionale, nonostante i numeri impressionanti.
Questi in pratica i fatti: la società Hub srl negli anni ha raccolto milioni di euro fra risparmiatori per investire nel ‘mattone’ promettendo guadagni facili ed elevati in realtà mai ottenuti.
Soldi mai restituiti fino a trovarsi, come accertato in sede fallimentare, con un passivo superiore ai 13 milioni di euro e un attivo di poche migliaia di euro che invece avrebbe dovuto contare sugli immobili in possesso della società.
Con uno degli investitori coinvolti abbiamo provato a fare luce sull’intricata vicenda.
Ecco la seconda parte dell’intervista
Come siete venuti a conoscenza di HUB?
Abbiamo conosciuto “HUB Real Estate & Asset Management” attraverso diversi canali.
HUB era presente con un proprio sito web abbastanza aggiornato e questo aveva anche i riferimenti Facebook e Telegram dove venivano pubblicizzate le attività.
L’attività di HUB è stata anche promossa sulla rivista Millionaire e su altre testate specializzate in ambito finanziario ed economico.
Se alcuni di noi hanno conosciuto le attività quasi per caso cercando sul web per “investire in operazioni immobiliari Milano”, la maggior parte ha partecipato perché consigliata da alcuni Advisor che già conoscevano in precedenza
Com’è nata la società HUB?
Questo è quello che risulta da un articolo di BeBeez del 2019:
“I soci di allora di HUB 5, Bruno Bagnulo, Antonio Clemente e Antonio Palmieri, hanno quindi ceduto la società a un gruppo di investitori operanti nella cessione e valorizzazione di NPL immobiliari, organizzati dallo studio legale Rizzotto. La cessione, però, aveva riguardato soltanto la società, ma non il marchio HUB 5 né il sistema informatico. Così i nuovi investitori hanno rinominato la società HUB srl – Real Estate & Asset Management.”
Sempre secondo quanto riportato nell’articolo, la HUB 5 era una “società specializzata nella cessione del quinto dello stipendio” e la sua cessione allo studio legale Rizzotto sarebbe avvenuta nel 2017.
Quando è iniziata l’operatività di HUB?
Secondo quanto riportato sulla rivista societaria “HUB MAGAZINE” del gennaio 2019, le operazioni di investimento immobiliari sono iniziate proprio nel 2017. Da quello che emerge dalla rivista societaria, sono 15 le operazioni realizzate dal 2017 HUB.
Tuttavia, la stragrande maggioranza dei truffati ha investito a partire dalla seconda metà del 2018.
La società ha avuto una sede fisica?
Sì. Dapprima gli uffici sono stati in via Durini 5 Milano.
Poi, a partire dal 2019, gli uffici sono stati ubicati in Corso Europa 11, sempre a Milano.
Per quanto tempo è andata avanti l’operatività di HUB?
La struttura di HUB è rimasta in piedi fin quando ha potuto, ovvero fino al momento in cui gli investitori non hanno cominciato ad intraprendere azioni legali. Nell’aprile 2021 la società HUB ha cercato di anticipare le richieste di fallimento proponendo al Tribunale di Milano il concordato in bianco. Tale richiesta è stata depositata il 28.04.2021.
Il Tribunale ha poi rigettato la proposta di concordato nel settembre 2021, dichiarando “HUB srl in Liquidazione” fallita.
Di che tipo di operazioni stiamo parlando?
Si trattava di operazioni immobiliari che riguardavano ristrutturazioni di immobili aggiudicati in asta, a saldo e stralcio e sul mercato libero oltre che ai crediti NPL.
Sono state promosse inoltre alcune operazioni di finanziamento verso altre realtà promotrici esterne al gruppo (definite da HUB come operazioni di Bridge).
Illegittimità della“clausola floor”: chi può chiedere il rimborso per gli interessi delle rate di mutuo tra il 2015 ed il 2022?
La recente sentenza della Corte di Appello di Milano 2836/2022 ha giudicato vessatoria la speciale clausola contrattuale detta “floor” che impediva agli interessi di scendere sotto una certa soglia e, di conseguenza, di poter avvantaggiare il cliente in caso di tassi di mercato negativi, finendo, in questo caso, ad essere di esclusivo beneficio per l’istituto bancario.
Siccome tra il 2015 ed 2022 l’indice Euribor ha portato i tassi d’interesse a una quota inferiore allo zero, stabilendo quindi un tasso negativo del costo del danaro a carico della banca, la logica conseguenza avrebbe dovuto essere un ricalcolo degli interessi più favorevole per i clienti, sui mutui a tasso variabile o finanziamenti, con sensibile diminuzione delle rate di mutuo da pagarsi.
Le banche, grazie alla floor, si erano premunite rispetto a tali evenienze, inserendo nei contratti di mutuo a tasso variabile la suddetta clausola di sbarramento al ribasso in caso di discesa degli interessi oltre una certa soglia, a tutto discapito del consumatore mutuatario.
Sulla legittimità di tale postilla, la Corte meneghina come detto, facendo riferimento ai principi dell’articolo 33 del Codice del Consumo, ha rilevato come l’assenza di una trattativa con il consumatore, determina la natura vessatoria di una clausola siffatta.
La sentenza ha pertanto statuito che se anche tale clausola fosse correttamente indicata nel contratto, deve comunque considerarsi vessatoria e quindi posta nel nulla, senza con ciò invalidare l’intero contratto.
Andrà quindi ricalcolata la rata pagata nel suddetto periodo e rideterminati gli interessi realmente dovuti senza il limite stabilito dalla Floor, con conseguente restituzione delle somme percepite in più dall’Istituto.
Questo principio è ribadito anche in riferimento al controllo della legittimità degli atti istituiti dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, sulla cui base “impone il diritto alla restituzione delle somme pagate in attuazione delle regole poste in essere dalle clausole vessatorie nulle”.
Chi ha pertanto sottoscritto tali condizioni deve essere rimborsato, dato che ha pagato rate più alte di quelle effettive legate alle oscillazioni del mercato.
Per ottenere il rimborso degli interessi pagati bisogna, innanzitutto, interrompere il decorso della prescrizione inviando reclamo alla banca e chiedendo, contestualmente, il rimborso delle maggiori somme esborsate.
Successivamente, si procederà con la citazione in giudizio della banca.
Il primo step da fare, in questo caso, è verificare le condizioni contrattuali e, ovviamente, in caso di riscontro positivo, farsi assistere nel percorso del previsto rimborso da professionisti esperti nel settore.
Si chiama “clausola floor” e potrebbe rappresentare un elemento determinante per il rimborso degli interessi per mutui a tasso variabile nel periodo 2015-2022. In pratica, nei contratti in cui era prevista, la speciale clausola detta “floor”, impediva agli interessi di scendere sotto una certa soglia e, di conseguenza, di poter avvantaggiare il cliente in caso di tassi di mercato negativi, proprio come successo nel periodo tra il 2015 -2022.
La Corte di Appello di Milano, recentemente, l’ha giudicato vessatoria perché quando i tassi scendono o, addirittura, diventano negativi, il floor finisce per essere vantaggioso esclusivamente per la banca.
Anche la Banca d’Italia si è già espressa sull’argomento, richiamando gli operatori per aver applicato tale clausola ai propri clienti, senza che però questo venisse comunicato nei contratti. Chi ha pertanto sottoscritto tali condizioni deve essere rimborsato, dato che ha pagato rate più alte di quelle effettive legate alle oscillazioni del mercato.
Si tratta di un risarcimento dovuto a prescindere o meno dal fatto che il cliente ne fosse a conoscenza, visto che comunque non ha potuto “beneficiare dell’Euribor negativo”.
Per ottenere il rimborso degli interessi pagati bisogna, innanzitutto, bloccare la prescrizione inviando reclamo alla banca e chiedendo, contestualmente, il rimborso delle maggiori somme esborsate.
Successivamente, si procederà con la costituzione in giudizio della banca.
Numerosi sono gli istituti coinvolti: oltre a Banco Bpm e Deutsche Bank, sui quali si è già pronunciata a Corte di Appello di Milano, mutui variabili con floor sono stati individuati in:
In sostanza, chiunque abbia richiesto mutui o prestiti alle banche elencate potrebbe aver diritto al rimborso, anche nei casi in cui il mutuo sia stato già estinto,
Il primo step da fare, in questo caso, è verificare le condizioni contrattuali e, ovviamente, in caso di riscontro positivo, farsi assistere nel percorso del previsto rimborso da professionisti esperti nel settore.
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