Il compenso all'amministratore è sempre dovuto. L’attività di amministratore di una società non può essere gratuita, salvo rinuncia chiaramente espressa.
Il diritto a percepire il compenso non può essere subordinato ad una richiesta dell’amministratore. Questo, in sostanza, quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24139 del 3 ottobre 2018.
“L’incarico di amministratore di società si presume a titolo oneroso; il compenso è dovuto all’amministratore a prescindere dal fatto che egli lo richieda; la gratuità dell’incarico può derivare da una apposita clausola in tal senso contenuta nello statuto della società o nel contratto con il quale viene conferito l’incarico di amministrazione; l’amministratore può rinunciare, anche tacitamente, al compenso che gli sarebbe dovuto”.
Secondo la Suprema Corte, dunque, non va confuso un comportamento meramente omissivo con una rinuncia valida ed efficace, prevista dall’art. 1236 c.c.
La vicenda processuale inizia davanti Tribunale di Gorizia, al quale si rivolge un manager, che aveva rivestito il ruolo di amministratore da dicembre 2001 a maggio 2006, contro una s.r.l. che non gli aveva pagato il compenso. Il Tribunale condanna la società al pagamento degli emolumenti in misura ridotta rispetto a quanto richiesto.
La Corte di Appello, però, ribalta la sentenza di primo grado, accogliendo la tesi della s.r.l., secondo la quale il manager, per comportamento concludente (non avendo richiesto alcun compenso né durante l’attività svolta né in fase di dimissioni, ma solo nel 2007, richiamandosi a quanto previsto dall’art. 17 dello statuto societario), avrebbe sostanzialmente rinunciato al compenso.
Il ricorso in Cassazione si basa su due motivi fondanti, che vengono entrambi accolti perché “secondo i principi del sistema vigente, quello di amministratore di società è contratto che la legge presume oneroso (la norma dell'art. 1709 cod. civ. dettata con riferimento allo schema generale dell'agire gestorio e senz'altro applicabile anche alla materia societaria, come pure posta a presupposto delle previsioni dell'art. 2389 cod. civ., specificamente scritte per il tipo società per azioni).
Non v'è dunque ragione di ritenere che il diritto a percepire il compenso rimanga subordinato a una richiesta che l'amministratore rivolga alla società amministrata durante lo svolgimento del relativo incarico. Come ha correttamente precisato la recente pronuncia di Cass., 21 giugno 2017, n. 15382, con l'accettazione della carica, l'amministratore di società acquisisce il diritto a essere compensato per l'attività svolta in esecuzione dell'incarico affidatogli. Un'eventuale gratuità dell'incarico può procedere, di conseguenza, unicamente da una apposita previsione dello statuto della società interessata o da una apposita clausola del contratto di amministrazione."