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I servizi fiduciari rappresentano una delle principali attività svolte dalle banche, che consiste nella gestione di patrimoni affidati in amministrazione da parte dei clienti. Questo tipo di servizio richiede una particolare attenzione da parte delle istituzioni finanziarie, in quanto comporta una serie di responsabilità nei confronti dei clienti e delle normative vigenti.
La gestione di patrimoni affidati in amministrazione è regolamentata da diverse norme, tra cui il Codice Civile e il Testo Unico Bancario. Secondo l’articolo 1986 del Codice Civile, la banca assume il ruolo di amministratore fiduciario e ha il compito di gestire il patrimonio del cliente nel rispetto delle istruzioni ricevute. Inoltre, l’articolo 106 del Testo Unico Bancario stabilisce che la banca deve agire con diligenza e professionalità nella gestione dei patrimoni affidati.
La responsabilità della banca nella gestione di patrimoni affidati in amministrazione è di diversa natura. Innanzitutto, la banca ha il dovere di custodire e conservare i beni del cliente in modo sicuro e diligente. Questo implica l’adozione di misure di sicurezza adeguate, come l’utilizzo di casseforti o l’archiviazione di documenti in ambienti protetti.
Inoltre, la banca deve agire nell’interesse del cliente e nel rispetto delle istruzioni ricevute. Questo significa che la banca non può assumere decisioni che vadano contro gli interessi del cliente o che siano in contrasto con le sue volontà. La banca deve quindi agire in modo imparziale e evitare conflitti di interesse che potrebbero influenzare la gestione del patrimonio.
La responsabilità della banca nella gestione di patrimoni affidati in amministrazione comprende anche l’obbligo di informare il cliente in modo completo e trasparente. La banca deve fornire al cliente tutte le informazioni necessarie per comprendere le modalità di gestione del patrimonio e i rischi connessi. Inoltre, la banca deve fornire al cliente periodicamente report dettagliati sulla situazione del patrimonio e sugli eventuali rendimenti ottenuti.
La banca è altresì responsabile della scelta e della supervisione dei soggetti incaricati della gestione del patrimonio. La banca può avvalersi di consulenti finanziari o di gestori patrimoniali esterni, ma deve assicurarsi che questi soggetti siano competenti e professionali. La banca deve quindi effettuare una valutazione accurata dei soggetti esterni e monitorarne costantemente l’operato.
In caso di inadempimento o negligenza da parte della banca nella gestione di patrimoni affidati in amministrazione, il cliente ha il diritto di agire per ottenere il risarcimento dei danni subiti. La responsabilità della banca può essere di natura contrattuale o extracontrattuale, a seconda delle circostanze. Nel caso di responsabilità contrattuale, il cliente deve dimostrare l’inadempimento della banca rispetto alle obbligazioni contrattuali. Nel caso di responsabilità extracontrattuale, il cliente deve dimostrare l’esistenza di un danno, di un comportamento colposo da parte della banca e di un nesso di causalità tra il comportamento colposo e il danno subito.
In conclusione, la gestione di patrimoni affidati in amministrazione è una responsabilità importante per le banche, che devono agire con diligenza e professionalità nell’interesse dei clienti. La banca ha il dovere di custodire e conservare i beni del cliente in modo sicuro, di agire nel rispetto delle istruzioni ricevute e di informare il cliente in modo completo e trasparente. In caso di inadempimento o negligenza, il cliente ha il diritto di agire per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Possiamo quindi dire che la gestione di patrimoni affidati in amministrazione richiede una grande attenzione da parte delle banche e una costante vigilanza per garantire la tutela dei clienti.
Fonte: Diritto.net - Link
«Cento domeniche», la vicenda umana di un tornitore in pensione che rappresenta centinaia di migliaia di lavoratori beffati da dirigenti.
«Ritirare dei soldi? Perché mai? Le sue azioni viaggiano a vele spiegate! Le lasci tranquille a aumentare il loro valore. Le facciamo un prestito e lei potrà pagarlo con gli interessi delle sue azioni». Come poteva il mite tornitore in pensione Antonio Riva, poca scuola e tanta fabbrica, zero lussi e mille sacrifici, resistere alle lusinghe del Signor Direttore della Banca del «suo» paese, di «suo» padre, del «suo» mondo sereno che gli faceva luccicar davanti gli zecchini d’oro collodiani del Campo dei Miracoli? Si fida. Ed è lì che comincia il suo calvario. Il Golgota di un uomo gentile e perbene che giorno dopo giorno vede tutta la sua vita andare in pezzi. Stritolata da una catena di montaggio di meccanica ferocia.
Quella che Antonio Albanese narra in Cento domeniche, le troppe festività sacrificate al lavoro da una miriade di formiche operaie per strappare un futuro migliore alla famiglia, non è una vicenda umana isolata e individuale. È la storia di centinaia di migliaia di risparmiatori italiani che si fidavano dei loro storici istituti di credito, magari fondati un secolo e mezzo prima «con la firma del luogotenente di Vittorio Emanuele II!», come si fidavano del parroco, del medico condotto, dell’acqua buona che usciva dai rubinetti. E pagarono carissimo un doppio tradimento. Economico e morale: «Sa come qui chiamiamo la nostra banca? La chiamiamo “il confessionale”» Oppure, nel Veneto, «la musina». Il salvadanaio a prova di martellate. Pareva.
E se il protagonista del film presentato ieri alla Festa del Cinema di Roma, modesta borghesia metalmeccanica tutta casa, tornio e qualche partitina a bocce, viene inghiottito nel buco nero dei crac bancari perché vuol pagare lui («tocca al padre!») il pranzo di nozze alla figlia che si sposa, il vortice di ipocrisie, truffe e silenzi benvestiti e incravattati si impossessò di centinaia di migliaia di persone diverse. Ciascuna con la sua storia, ciascuna con la sua tragedia. Alcune delle quali, racconta ad esempio Maurizio Crema nel libro edito da nuovadimensione Banche rotte, non ebbero neppure la possibilità teorica (teorica) di leggere certi contratti dalle clausole ambigue firmati sciaguratamente sulla fiducia come capita al nostro Riva nel film di Albanese, che ha girato parte delle riprese cinematografiche proprio nello stabilimento di Olginate, sul ramo lecchese del Lago di Como, dove lui stesso, poca scuola, tanta fabbrica, fece fino a ventidue anni il tornitore.
Tra le piccole storie infami negli anni dei crac bancari ci fu infatti anche quella di un piccolo risparmiatore di Maggiora, un borgo novarese di 1602 anime, M.P., che nel gennaio 2014, nel pieno della bufera nota agli istituti ma non ai risparmiatori, acquistò azioni di Veneto Banca per 50.000 euro, risparmi d’una vita, fidandosi «ciecamente» dei cassieri non solo in senso figurato: era cieco davvero. Impossibilitato a leggere non solo i caratteri microscopici di certi dettagli ma anche quelli in caratteri cubitali.
Certo, come racconta il film dell’attore e regista lecchese figlio d’un muratore siciliano immigrato sul Lario dalle Madonie («Anche per lui ho girato nei luoghi dove son cresciuto tra persone che conosco da sempre, attori straordinari»), ci furono funzionari, cassieri e impiegati che come in Cento domeniche (dove spicca la figura tragica di un giovane travet oppresso dai sensi di colpa, Federico) furono presi dallo scrupolo e cercarono di mettere in guardia i risparmiatori più ingenui se non sprovveduti. «Non mi perdonerò mai di aver tradito chi credeva in me», avrebbe confidato ad esempio Marcello Benedetti, già impiegato della Banca Etruria a Civitavecchia, scosso dal suicidio di un pensionato, Luigino D’Angelo, che si era ucciso per aver perso tutto, 110mila euro, in obbligazioni subordinate «a rischio minimo» che poi «nelle successive carte che il cliente firmava» saliva ad «alto rischio, ma quasi nessuno ci faceva caso. Era scritto in un carteggio di 60 fogli». Perché mai leggerli per ore, codicilli compresi, se il funzionario incoraggiava a fidarsi?
Il signor Resio e la moglie, vicentini, hanno due figli adulti affetti da disabilità mentali invalidanti al 100% e avevano l’incubo comune a tanti genitori: che ne sarà, domani? Così avevano messo da parte per loro (una vita di sacrifici: mai una vacanza, mai un piccolo lusso, mai una pizza...) 266 mila euro. Polverizzati. Fino all’ultimo centesimo. Quando hanno saputo che alcuni clienti privilegiati della Banca Popolare di Vicenza, la «loro» banca, il «loro» salvadanaio, erano stati avvertiti «prima», appena in tempo, per salvare investimenti ben più massicci, esattamente come accade in Cento domeniche , non riuscivano più a deglutire la saliva. Dicono che no, non hanno mai pensato di scrivere a Gianni Zonin, l’allora Re Sole di Vicenza monarca della «Popolare» che dopo aver giurato per anni sui conti a gonfie vele, se l’è cavata senza fare un solo giorno di galera: «Sinceramente, non crediamo che ci avrebbe mai risposto». Il film di Albanese, dicono i titoli di coda, è dedicato a loro. Quelli che si fidarono e furono traditi.
Fonte: Corriere della Sera - di Gian Antonio Stella - Link
Piattaforme indagate: www.toptrade.fm, www.alphacapital.fm, www.globalfxm.com, www.novuscm.com, www.grandfxpro.com, www.dax-300.com.
Il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Venezia, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Pordenone, ha denunciato 54 soggetti di nazionalità ucraina, serba, ceca, ungherese, russa ed israeliana (nessun italiano al momento risulta indagato) che, attraverso 14 società site in Scozia, Ucraina, Isole
Marshall, Serbia, Estonia, Inghilterra, St. Vincent e Grenadine, Svizzera, Germania, Repubblica Ceca, Israele e Ungheria, perpetravano truffe seriali a danno di cittadini italiani.
In ordine ai reati contestati (associazione per delinquere transnazionale finalizzata ai reati di truffa aggravata, abusiva raccolta del risparmio, abusiva attività di prestazione di servizi di pagamento e riciclaggio) è stato, altresì, richiesto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di quasi cinque milioni e mezzo di euro, frutto dei raggiri.
Nell’ambito di un ampio ed articolato contesto investigativo condotto dalla Guardia di Finanza di Venezia, incentrato sull’analisi dei flussi finanziari evidenziati dalle segnalazioni di operazioni sospette e indirizzati a schermi societari internazionali che utilizzavano sistemi di pagamento e piattaforme informatiche create ad hoc, è emerso un vasto sodalizio criminale di carattere internazionale dedito a truffe seriali online, definite “boiler
room” – il cosiddetto locale caldaia (perché mettono sotto pressione l’investitore) –, nel settore del Foreign Exchange, cosiddetto “FOREX”, il mercato valutario internazionale non regolamentato, nonché del mercato azionario internazionale.
In particolare, le piattaforme utilizzate dall’organizzazione criminale ed individuate nel corso delle indagini sono le seguenti: www.toptrade.fm, www.alphacapital.fm, www.globalfxm.com, www.novuscm.com, www.grandfxpro.com, www.dax-300.com.
Il sistema criminale era costituito da una complessa e articolata struttura multi-societaria, a “geometria variabile”, fluida e multitasking, costituita da più livelli operativi, ognuno dei quali servente e deputato prevalentemente ad uno specifico compito. Tale struttura prevedeva la periodica, sistematica apertura e chiusura di società e conti correnti per evitare i controlli delle Autorità competenti e comunque al primo segno di pericolo.
Il primo livello, costituito da call center situati nell’Europa centrale, era funzionale a contattare i potenziali investitori italiani e a convincerli a inviare denaro ai codici IBAN di società dell’Europa centro-orientale per investimenti forieri di “miracolosi” guadagni, con l’unico scopo di carpirne i risparmi. Il secondo livello, a cui giungeva il denaro, formato da tali aziende, provvedeva alla raccolta abusiva del risparmio degli ignari truffati,
senza avere le previste autorizzazioni governative, disponendone poi i vari fittizi investimenti. Allettati dai primi guadagni, i truffati finivano per impiegare nell’investimento telefonico tutti i risparmi di una vita, bruciandoli letteralmente e scivolando progressivamente in uno stato di prostrazione psicologica che li legava ancora di più
ai truffatori, nella speranza di riprendersi dalle inevitabili perdite.
In realtà, il denaro veniva utilizzato, mediante servizi di pagamento non autorizzati, anche per il saldo di fatture emesse da imprese comunitarie nei confronti di aziende ucraine e russe e dell’Europa orientale. Nel contempo, i proventi illeciti venivano diluiti, reinvestendoli, cancellandone le tracce e travasandoli in ulteriori conti societari,
fino a farli scomparire, per mezzo di professionisti titolari di società svizzere e dei Caraibi. Queste ultime società, definite terzo livello, facendo girare ulteriormente il denaro di illecita provenienza, lo indirizzavano poi al terminale criminale costituito dalla cerchia dei responsabili di Israele e dell’Europa orientale.
Un particolare cenno merita il profilo dei 141 truffati allo stato indentificati (in realtà, il numero di quelli caduti nella rete, anche stranieri, è molto superiore), dislocati su praticamente tutto il territorio nazionale (di cui 34 nel Triveneto). Non si tratta, infatti, di persone sprovvedute o con un basso grado di istruzione: molto spesso i truffati sono liberi professionisti, talvolta dell’area economico-legale, certamente facoltosi in quanto hanno avuto la possibilità di investire decine se non centinaia di migliaia di euro, spesso anche con pregressa esperienza di investimenti azionari.
Le indagini, svolte anche su territorio estero per il tramite di rogatorie internazionali (in particolare in Ungheria e Svizzera) promosse dalla Procura della Repubblica di Pordenone nonché a mezzo della cooperazione internazionale di polizia veicolata dal Comando Generale del Corpo, oltre al perseguimento dei responsabili, sono tese al recupero delle somme oggetto delle truffe. Tali attività si profilano tuttavia particolarmente
complesse e di esito incerto anche tenuto conto dell’attuale conflitto in Ucraina, ove sono localizzati la maggior parte dei soggetti indagati.
Fonte: Belluno Press - Link
Il Tribunale di Bari, confermando il suo orientamento, ha condannato la Banca Popolare di Bari a restituire le somme addebitate per la vendita delle sue azioni ad un piccolo agricoltore di Eboli. In particolare la sentenza odierna a firma del Giudice Paola Cesaroni ha accolto e disposto la risoluzione del contratto per mancata corrispondenza tra il basso profilo di rischio dell’attore (interessato solo ad investimenti in grado di proteggere il capitale) ed il titolo che presentava un alto rischio di perdita di capitale (non comunicato) come si è purtroppo verificato con la perdita totale del capitale a seguito delle note vicende che hanno coinvolto la Banca pugliese.
La contestazione dell’inadeguatezza della vendita dei titoli comune a gran parte delle cause pendenti promosse da altri ex clienti della Banca consente di essere ottimisti circa l’esito positivo delle altre domande pendenti ed in attesa della decisione.
Fonte: Borderline24 - Link
Denunciato un ex direttore di una banca sammarinese
Secondo quanto riportato dai legali dei correntisti all’ANSA, l’ex direttore, un 56enne italiano, di una banca sammarinese avrebbe approfittato dei legami di amicizia e della fiducia di persone che lo conoscevano da anni. A partire dal 2008, si sarebbe fatto consegnare somme di denaro contante, le avrebbe portate oltre confine e depositate su conti aperti presso la banca dove lavorava. Essendo in possesso di una delega ampia sui conti dei clienti riminesi, avrebbe quindi intrapreso operazioni finanziarie rischiose con investimenti decisamente svantaggiosi.
Secondo il perito dei querelanti, il commercialista riminese Fabio Fraternali, il promotore riusciva a mantenere in piedi uno schema Ponzi, pagando di tanto in tanto alti interessi ai clienti con i soldi di altri clienti. Questo schema è caratterizzato dal pagamento degli interessi con il capitale di nuovi investitori anziché dai profitti effettivi dell’attività. È quindi un meccanismo ingannevole, poiché crea l’illusione di profitti stabili e consistenti, ma in realtà si basa solo sul flusso di denaro degli investitori successivi.
Inoltre, si ipotizza che alcuni degli estratti conto presentati per tranquillizzare i correntisti mostrassero cifre non in euro ma in lire turche, quindi estremamente gonfiate per nascondere la perdita effettiva.
A seguito della denuncia, la Procura della Repubblica di Rimini sta approfondendo e verificando la posizione dell’ex direttore di banca coinvolto. Inoltre, i legali hanno annunciato che presenteranno un’ulteriore denuncia alle autorità sammarinesi, poiché alcune delle azioni fraudolente sembrano essere avvenute anche nel territorio di San Marino.
Questo è quanto riportato dalla notizia dell’ANSA riguardo alla denuncia presentata dalle vittime della truffa finanziaria.
Fonte: GiornaleSM del 04/08/2023 Link
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